Centro Storico di Viterbo
Il centro storico di Viterbo rappresenta uno degli esempi più tipici di architettura medievale. Il quartiere San Pellegrino, in particolare, con le caratteristiche case costruite sul tufo, racchiude un affascinante susseguirsi di scorci incantevoli. Al centro del quartiere si apre l’omonima piazza, su cui affacciano una chiesa e il maestoso edificio del Palazzo degli Alessandri. Costruito verso la prima metà del XIII secolo da parte della potente famiglia degli Alessandri, l’edificio è a tre piani e presenta un’interessante variante del tipico profferlo viterbese, che invece di essere realizzato all’esterno dell’edificio, come avviene nella consueta e diffusa tipologia, è costruito all’interno del muro perimetrale del palazzo. La scala è fiancheggiata da un parapetto, decorato da un motivo ornamentale a stella di diamante. Di fianco vi è un portico su massicce colonne, dietro il quale si eleva la Torre Scacciaricci, una casa-torre a quattro piani.
Parlando di Viterbo, città dei Papi, è impossibile poi non menzionare il grandioso Palazzo Papale.
L’edificio, di stile romanico, risale al 1255, mentre la loggia che lo affianca fu completata nel 1267 ed è in stile gotico. Essa poggia su un’ampia volta al cui centro è presente un pilastro di forma ottagonale che racchiude un pozzo che alimenta la fontana sovrastante. Le specchiature della vasca recano gli stemmi della famiglia Gatti, del cardinale Raffaele Galeotto Riario, di Sisto IV della Rovere e del vescovo Francesco Maria Visconti dei Settala.
Accanto al Palazzo Papale troviamo inoltre la Cattedrale di San Lorenzo. La chiesa ha un’imponente struttura romanica risalente al XII secolo anche se la facciata, a causa dei rimaneggiamenti del XVI secolo voluti dal card. Gamabara, si presenta come struttura di stile rinascimentale e per questo motivo contrasta decisamente gli edifici circostanti, di origine e stile medievale.
Altro elemento di spicco della piazza è sicuramente il Palazzo di Valentino della Pagnotta, facoltoso priore Viterbese del tardo medioevo. Si tratta di uno degli esempi più interessanti di edilizia privata a Viterbo, costruita probabilmente nel 1278 e rimaneggiata nel 1920. Le bifore del secondo piano sono strettamente correlate a quelle della loggia del palazzo papale e sono collocate asimmetricamente rispetto agli archi sottostanti; l’arco, nella costruzione, assume un forte rilievo sia come elemento costruttivo che ornamentale.
Chiesa di San Francesco Vetralla
La chiesa di San Francesco a Vetralla è uno dei monumenti più rilevanti del viterbese. E’ situata sulla via Francigena, alla confluenza con l’attuale Aurelia bis che conduce a Tarquinia. Fu edificata sui resti di un tempio paleocristiano del IX secolo denominato Santa Maria in valle Cajano. La prima fase ostruttiva riguarda probabilmente un settore dell’attuale cripta e potrebbe risalire all’XI secolo, di sicuro che il successivo ampliamento della cripta e la costruzione della basilica superiore così come la vediamo oggi porta il suo coronamento nelle date del papato di Clemente III (1187 – 91), in cui fu consacrato l’altare maggiore e il 1207 in cui si ebbe la visita di Innocenzo III che probabilmente assistette al completamento dei lavori. La chiesa fu dedicata a San Francesco nei primi anni del XV secolo. La cripta è stata ricavata nel masso tufaceo e presenta una disposizione su pianta trapezoidale con tre absidi e due scale che ne consentono l'accesso dalle navate laterali della chiesa superiore. Vi si contano ventisette colonne, alcune incassate nelle pareti del perimetro ed in gran parte di reimpiego come molti dei capitelli. L’interno della chiesa superiore, che presenta molte analogie con S. Maria Nuova di Viterbo, è a tre navate e tre absidi con due file di 6 colonne e capitelli scolpiti con temi vegetali. Notevole e ben conservato risulta il pavimento cosmatesco. Nella navata destra si trovano affreschi della seconda metà del sec. XV, pregevole una S. Orsola con le undicimila vergini, con evidente influsso dell’arte di Benozzo Gozzoli. Nel presbiterio, a destra c’è il pregevole sarcofago di Briobris, figlio naturale di Giovanni Di Vico (m. nel 1353), opera dei primi anni del ‘400, di Paolo da Gualdo Cattaneo detto Paolo Romano. La facciata, anch’essa molo simile alla chiesa di Viterbo, è molto semplice e presenta un doppio spiovente e un solo portale a doppio rincasso con un archivolto liscio in marmo che risalta sul fondo della muratura. Il campanile si affianca al lato destro della chiesa a livello delle absidi ed ha una semplice struttura. Una cornice delimita la cella campanaria aperta da un ordine di bifore. La struttura interna ha subito numerosi rimaneggiamenti il più invadente dei quali è stato nel 1612 per opera del Padre Maestro Bona ventura Onofri, il quale fece costruire grandi altaroni barocchi di stucco, chiuse le finestre laterali, decorò la navata maggiore di pitture, facendo malamente restaurare le antiche. Anche nell’abside centrale fu elevato un grande altare che la ostruiva completamente. Forse allora fu chiusa anche la cripta trasformandola in sepolcreto. Nel 1894 fu eseguito l’ultimo intervento di rilievo che ha restituito gran parte dell’apparato romanico e la riapertura della cripta, anche se, nell’opera di ripulitura della medesima, andarono perduti gran parte degli affreschi che la decoravano.
Grotta Porcina Vetralla
Raggiungere Grotta Porcina non è difficile anche se l’ultimo cartello non si vede bene ed il tratto finale (50 mt) non è percorribile in auto.
il sito archeologico di Grotta Porcina è costituito da una necropoli etrusca riferibile ad un piccolo centro rurale sorto in età arcaica lungo la via che da Blera portava a Castel d’Asso e proseguiva verso nord.
La necropoli occupa la vallata attraversata dal Fosso Grignano e mostra varie tipologie di tombe, alcune delle quali monumentali. Il singolare nome della località allude alla trasformazione delle tombe etrusche in ricoveri per suini, riutilizzo che in alcuni sepolcri ha comportato radicali manomissioni.
Il monumento principale della necropoli è rappresentato da un grande tumulo , meglio conosciuto come Grande Ruota o Castelluzzo e risale alla prima metà del VI secolo a. C. E’ stato ricavato dallo sperone tufaceo scolpendo un tamburo circolare. Coronato da una cornice tripartita è alto 3,5 e il suo diametro è di circa 28 mq.
Grotta Porcina è una piacevole scoperta.
In un anfiteatro naturale si aprono una decina di grandi tombe usate come sepolcri prima … e stalle per maiali e bovini (da cui Grotta Porcina) poi.
Particolarmente belle sono la grande Tomba 3 e la sua dirimpetta Tomba 3 bis
A valle c’è la la Grande Ruota con il suo misterioso altere (a cosa serviva?).
Ma le sorprese che ci riserva Grotta Porcina non finiscono qui.
Nel bosco sulla destra guardando la Grande Ruota c’è un sentiero che porta verso il rudere di una costruzione Templare.
E sempre nel bosco si pensa si trovi l’antico abitato Etrusco.
Via Francigena
Situata su un colle, nei pressi dei Monti Cimini, Vetralla domina austera la valle sottostante offrendone una splendida visione panoramica. Si entra a Vetralla attraverso un breve viale e, lasciati a sinistra la Villa Comunale e il Parco della Rimembranza, si sbocca nella piazza Marconi, dove c’è una fontana del tardo Medioevo. Nel lato d’ingresso sorge la chiesa di San Filippo e Giacomo (secolo XV-XVII). Si imbocca poi la via Roma che conduce alla piazza della Rocca, dove sorgeva la Rocca dei prefetti Di Vico, di cui resta un grande torrione cilindrico merlato. Di qui si continua nella via Cassia Interna dalla quale, a destra, un voltone immette nella piazzetta Franciosoni dove sorge a sinistra il Palazzo Franciosoni, della scuola del Vignola.
Poco dopo si apre la piazza Umberto I, adorna di due fontane settecentesche e sulla quale si prospetta l’elegante facciata del Palazzo Comunale. Di fronte ad esso si leva maestosa l’alta facciata del Duomo (secolo XVIII). Si continua oltre la piazza nella via Cassia Interna incontrando a destra il Palazzo Vinci della scuola del Vignola; a sinistra di fronte il Palazzo Piatti dalla stretta facciata con il grande portale. Dopo un lungo tratto si giunge alla piazza Vittorio Emanuele ove a sinistra vi è la Chiesa di San Francesco (secolo XI) uno dei più importanti monumenti di Vetralla.
Storia
Sul colle roccioso dove oggi sorge Vetralla, durante il periodo etrusco, era ubicato certamente un fiorente villaggio, che si sviluppò a partire da VI secolo a.C. su un precedente insediamento villanoviano. La certezza è data dal ritrovamento di un vasto sepolcreto villanoviano in località Poggio Montano e di varie necropoli etrusche che circondano l’attuale cittadina, soprattutto quella trovata a Cerracchio. Con la conquista romana del territorio il primitivo di Vetralla è abbandonato in favore del vicino centro di Maria in Forcassi. Il nome moderno dell’insediamento, che sorge a Nord-Est dell”attuale Vetralla, conserva l’antica denominazione del luogo, Forum Cassii.
Esso è riportato anche nella famosa Tavola Peutingeriana un antico atlante stradale “europeo” in cui erano riportati gli insediamenti, le mansiones, e le stationes di sosta lungo le antiche strade. Dell’insediamento distrutto all’epoca delle prime invasioni barbariche nulla rimane. Nel periodo medievale fu costruita una chiesetta romanica, S. Maria in Forcassi, anch’essa oggi ridotta in rovina: al suo interno, solo parzialmente coperto dall”originario tetto, sono visibili resti di affreschi trecenteschi. È probabile che dopo la distruzione di Forum Cassii gli abitanti rioccuparono l”antico colle roccioso per la sua più agevole difendibilità.
La presenza della via Cassia costituì nel periodo medievale un fattore importante di sviluppo per Vetralla. Ma la sua posizione strategica fu anche cagione di invasioni e distruzioni. Alla fine del XII secolo Vetralla si trovò nelle scomoda posizione di cuscinetto tra Viterbo e Roma. Le frequenti guerre fra le due città la coinvolsero per più di due secoli e la sua vita civile fu turbata da lotte intestine tra le fazioni fautrici di Roma e di Viterbo. Tra il 1110 e il 1134 subì una prima distruzione ad opera delle milizie viterbesi. Ricostruita, nel 1145 ospitò Papa Eugenio III che proprio a Vetralla bandì ufficialmente la seconda Crociata. Nel 1185 durante la guerra che opponeva le due Città, subì una nuova distruzione.
Il feudo vetrallese appartenne successivamente agli Orsini e dal 1345 e per circa un secolo ai Prefetti Di Vico. Questo fu il periodo di maggiore sviluppo della cittadina; i prefetti infatti la scelsero quale presidio fortificato sulla Cassia per vigilare sui confini meridionali dei loro possedimenti. Nel 1432 Giovanni Di Vico fu però costretto dalle truppe pontificie a rifugiarsi in Toscana. Il 17 febbraio 1432, con bolla Exigit, papa Eugenio IV fece dono definitivo al popolo vetrallese dei possedimenti della selva di Monte Fogliano e dei boschi delle Valli di Pian della Botte e di Monte Panese, beni tolti alla famiglia dei Prefetti di Vico, che se ne era appropriata, dopo un”aspra battaglia svoltasi attorno alla Rocca di Vetralla.
In questa cittadina, da quell”epoca lontana, inizia così la consuetudine, mai abbandonata, di celebrare il giorno 8 maggio, con una cerimonia, la presa di possesso del primo cittadino vetrallese del bosco di Monte Fogliano, per riaffermare su di esso i diritti di proprietà. La cerimonia viene chiamata Sposalizio dell”Albero poiché simbolo è poi divenuta nel tempo una coppia di alberi di alto fusto adornata a festa. La similitudine di questa cerimonia con quella dello Sposalizio del Mare della città di Venezia ha fornito il presupposto per un perpetuo gemellaggio tra le due città. I Di Vico ritornarono temporaneamente a Vetralla ma nel 1435 essi furono definitivamente sconfitti dal cardinale Vitelleschi.
Dopo un breve periodo in cui fu direttamente amministrato dalla Camera Apostolica, il feudo cominciò a passare di mano in mano, seguendo l”evoluzione della politica nepotistica dei Papi rinascimentali. Dapprima fu assegnato agli Anguillara, poi il pontefice Alessandro VI ne fece donazione al nipote Giovanni Borgia. Nel 1529, nonostante l’opposizione dei vetrallesi, papa Clemente VII la concesse al nipote Lorenzo Cjbo. Quest”ultimo fu rimosso nel 1534 da Paolo III che l’affidò al nipote, il cardinale Alessandro Farnese.
Dopo la distruzione del Ducato di Castro (1649), dominio della famiglia Farnese, Vetralla tornò stabilmente nei possedimenti pontifici e il 4 aprile del 1783 ottenne da Pio VI il titolo di “Città”. Alla fine del ‘700, durante le campagne napoleoniche fu prescelta come sede di guarnigioni prima dai Francesi poi dagli Austriaci e dai Russi infine vi si insediarono le truppe napoletane di Gioacchino Murat. Terminata l’avventura napoleonica ritornò allo Stato pontificio, ma in numerose occasioni fu coinvolta nelle vicende del Risorgimento italiano fino alla presa di Roma del 1870.
Tesori di Tuscania
Tuscania sorge su sette promontori di roccia tufacea in una splendida zona a soli 18 Km da Viterbo, e la storia del suo popolamento di ha inizio dalla fase finale del Bronzo.
Il corso del fiume Marta e dei suoi affluenti sono il polo di attrazione dei primi stanziamenti arcaici nella zona, che si insediano sui rilievi naturali formati dall’erosione delle acque. In questo periodo non è possibile parlare di un unico centro abitato ma (come anche indicato dal rinvenimento sul territorio di dodici distinte necropoli rupestri), più probabilmente, di un insieme di piccoli villaggi a vocazione prevalentemente agricola che avevano come punto di riferimento economico, amministrativo e religioso proprio il colle San Pietro che divenne, in breve, uno dei più importanti centri politici e religiosi della Tuscia. Sullo stesso colle sorge ad oggi la cattedrale di san Pietro costruita nell’ XI secolo. La chiesa, in stile romanico lombardo, è il monumento più importante della città ed è particolarmente nota per lo stupendo rosone (ed in generale per la facciata), oltre che per la cripta.
Altro notevole monumento è sicuramente il Duomo (ex Cattedrale San Giacomo), semplice ma imponente struttura risalente al 1563, e, alla sua sinistra, il campanile costruito nel 1781 dall’architetto viterbese Domenico Lucchi.
Villa Lante di Bagnaia
Villa Lante è una delle maggiori realizzazioni del Cinquecento Italiano.
La storia della villa comincia quando il cardinale Raffaele Riario e il nipote Ottaviano decisero di recintare un largo terreno ai piedi dei cimini e trasformarlo in un barco per la caccia. Successivamente intorno alla metà del Cinquecento, grazie al volere e all’intuito del cardinale Francesco de Gambara, inizia la costruzione vera e propria, che riguarda prevalentemente fontane, cascate, siepi, giochi d’acqua, nicchie e labirinti, la cui ideazione è attribuita a Jacopo Barozzi da Vignola. Uno degli aspetti più caratteristici del progetto, è proprio l’assenza di una Villa vera e propria: sono presenti infatti solo due edifici gemelli posti sullo stesso lato aperti al piano terra e caratterizzati ognuno da logge a tre grandi arcate, affrescate da Raffaellino da Reggio e Agostino Tassi. E’ dunque il giardino a essere al centro della realizzazione, e in particolare l’elemento dell’acqua, che sgorga da numerose fontane, arricchite da gruppi scultorei di grande fascino e sistemate lungo cinque livelli di terrazze sovrapposte. Di incredibile impatto la fontana composta da un triplice cerchio di vasche: è la cosiddetta Fontana del Quadrato sormontata da un gruppo scultoreo attribuito a Taddeo Landini, raffigurante Quattro Mori. Il Gambara inoltre celebrò la sua stirpe facendo realizzare una fontana “a catena”. Gli elementi costitutivi della “catena” richiamano le forme del gambero di fiume.